Venti detenuti, quattro nazionalità di provenienza (Algeria, Italia, Nigeria, Venezuela) due laboratori e un testo dai contenuti tanto identitari quanto universali, “Arcipelaghi”, tratto dal romanzo della scrittrice nuorese di nascita e danese d'adozione Maria Giacobbe.
Sarà per tutti loro una “prima volta”. Dopo più di un anno di prove in cui, divisi per classi, hanno seguito con attenzione e disciplina i corsi organizzati e tenuti dal Cada Die Teatro, i detenuti della Casa Circondariale di Uta, saliranno finalmente sul palcoscenico mercoledì 30 giugno.
Lo spettacolo sarebbe dovuto andare in scena l'anno scorso, ma per i noti motivi legati alla pandemia si è dovuto posticipare.
L'idea, messa a punto da Pierpaolo Piludu e Alessandro Mascia del Cada Die, è parte del programma nazionale “Per Aspera ad Astra - Come riconfigurare il carcere con la cultura e la bellezza” (terza edizione), promosso da ACRI (Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio) e sostenuto da 10 Fondazioni bancarie, tra cui la Fondazione di Sardegna e che da 3 anni coinvolge circa 250 detenuti di 12 carceri italiane in percorsi di formazione artistica e professionale nei mestieri del teatro.
In questa terza edizione ha preso forma uno spettacolo più articolato e completo, anche grazie alle esperienze maturate nelle edizioni precedenti. Le novità di quest'anno, infatti, sono rappresentate dall'accompagnamento musicale di otto detenuti musicisti e la scenografia ideata e realizzata da esperti del settore e detenuti.
I protagonisti in scena arrivano da diverse nazionalità e proprio l'universalità dei temi affrontati da Maria Giacobbe, ha convinto gli organizzatori che potesse essere la narrazione giusta, quella che più avrebbe potuto coinvolgere gli allievi.