Dallo studio delle caratteristiche di cultivar “minori” di diverse regioni d’Italia è stato evidenziato il potenziale qualitativo e quantitativo della filiera olivicola italiana. Grazie al progetto “S. O. S. Sustainability of the Olive oil System” saranno messe a punto, in ambito produttivo, tecniche di analisi per monitorare la maturazione delle olive, valutare la qualità dell’olio extravergine e determinare i composti fenolici, sviluppando prototipi a basso costo per eseguire analisi direttamente nell’oliveto e al frantoio.
Finanziato con oltre 800.000 euro, l’iniziativa raggruppa 16 Fondazioni di origine bancaria (tra cui la Fondazione di Sardegna), centri di ricerca e 6 Università (per la Sardegna ha partecipato l’Università di Sassari), che hanno prodotto una serie di risultati che sono stati messi a disposizione della filiera olivicola nazionale.
Primo risultato: l’olio extravergine d’oliva non è un condimento ma un alimento e può vincere la sfida della tutela della salute umana e della sostenibilità.
“Abbiamo lavorato nei campi per valorizzare le cultivar minori e a rischio di erosione genetica”, raccontano i ricercatori. E aggiungono: “Siamo entrati nelle aziende di trasformazione per studiare il giusto livello di maturazione delle olive per ottimizzare la raccolta, elevandone la resa. E ci siamo concentrati sui composti fenolici presenti nelle foglie di olivo e nei sottoprodotti che possono essere usati in nuovi processi produttivi ed essere ulteriore fonte di reddito per i produttori e la filiera”. Senza dimenticare gli aspetti salutistici dell’extravergine d’oliva che può diventare, con il supporto della ricerca, il fondamento di un nuovo pilastro dell’economia circolare.