Nell’ultimo anno scolastico segnato dal Covid, oltre 80 mila studenti non hanno maturato una frequenza a scuola sufficiente per poter essere scrutinati, cioè sono stati bocciati per troppe assenze: una città di studenti fantasma grande quasi come Brindisi o Como, ad aggravare il problema dell’abbandono scolastico che è un nefasto primato del nostro Paese. Si tratta, per il 67% degli italiani, di un fenomeno “allarmante” e da affrontare con “urgenza”. A fronte di questo motivato allarmismo, per il 61% degli italiani è comunque giusto bocciare per eccesso di assenze anche durante l’anno del Covid. Lo scarso apprendimento scolastico preoccupa il 62% degli italiani, quasi il 10% in più rispetto alla rilevazione del 2019.
Sono alcuni dei dati emersi dall’indagine promossa dall’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, realizzata dall’Istituto Demopolis in occasione della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che è stata celebrata il 20 novembre.
Per gli italiani, oggi i problemi della scuola riguardano soprattutto le strutture troppo vecchie (64%). Per il 58% i problemi sono relativi alla carenza di attività di recupero per i ragazzi in difficoltà, per il 56% dipendono dalla motivazione degli insegnanti. Ma anche per i fenomeni di abbandono e dispersione scolastica (53%). Questi ultimi, anzi, per circa 6 italiani su 10 sono fenomeni peggiorati nell’ultimo biennio, con una lieve differenza di percezione tra genitori (55%) e insegnanti (67%). I ragazzi, secondo gli italiani, purtroppo perdono la via di scuola soprattutto per la fragilità del contesto familiare di origine (74%) e per l’inadeguatezza della scuola rispetto a serie strategie di recupero (63%) e delle istituzioni locali nel prevenire o trattare il fenomeno (58%), ma anche per la vacuità del sistema di relazioni famiglia-scuola-istituzioni (57%). Solo per il 38% del campione l’abbandono scolastico è dovuto alla carenza di risorse specifiche e per il 26% per il contesto migratorio della famiglia di origine.
“L’indagine Con i Bambini – Demopolis individua alcuni indici di un’Italia adulta che all’indomani dell’emergenza pandemica – spiega il direttore di Demopolis Pietro Vento – si scopre ‘spaventata’ da alcuni fenomeni che riguardano una minoranza dei minori. Non a caso, la principale preoccupazione individuata dai cittadini, pensando ai bambini e agli adolescenti nel nostro Paese, è con il 76% di citazioni la diffusione della violenza giovanile e delle baby gang, ma anche gli episodi di bullismo o cyberbullismo ed il consumo di alcol e droga per il 63 per cento degli intervistati”.
Preoccupa, con un trend in crescita dal 2019, anche la dipendenza di bambini e ragazzi da smartphone e tablet (73%), perché, per paradosso, le tecnologie digitali, che sono state l’antidoto principale alle dinamiche di confinamento imposte dall’emergenza Coronavirus, oggi si rivelano un limite nello sviluppo dei minori, e forse anche nell’apprendimento. Il 62% degli intervistati, pensando a bambini e ragazzi, ritiene preoccupante proprio lo scarso apprendimento scolastico, con un dato cresciuto di 9 punti negli ultimi 4 anni.
Per il 74% degli intervistati le disuguaglianze tra i minori in Italia sono aumentate nell’ultimo biennio. Le opportunità valgono spesso per pochi: poco più di 4 italiani su 10 ritengono adeguato il contesto in cui vivono in termini di strutture sportive, scuole, spazi verdi attrezzati. Solo un terzo può dichiarare di vivere in città dove cinema, teatri, librerie, asili nido e strutture per l’infanzia possano essere definiti adeguati. Non è – ed una maggioranza di cittadini ne è consapevole – un’Italia a misura di bambini e ragazzi.
La responsabilità della crescita dei minori è di tutta la comunità: ne è oggi consapevole l’85% degli italiani. La convinzione, incrementata nel tempo, che non spetti solo alla scuola presidiare la crescita dei ragazzi è oggi diffusissima fra i cittadini, ma non lo era appena 4 anni fa.
Anche grazie ad un lavoro costante di sensibilizzazione e motivazione collettiva, questa fondamentale consapevolezza sul ruolo della comunità educante è cresciuta dal 46% del 2019 all’85% odierno, con un incremento di quasi 40 punti in 4 anni (46% nel 2019, 67% nel 2020, 78% nel 2021, 85% nel 2022). Analogamente si è affermata nell’opinione pubblica la chiara distinzione tra povertà educativa e povertà economica, seppur le due si alimentano reciprocamente. Per il 67% degli italiani, infatti, la povertà educativa consiste maggiormente nel limitato accesso a opportunità di crescita, per il 57% nel disagio sociale intorno al minore, per 52% per i bassi apprendimenti scolastici e solo per il 12% consiste nella povertà materiale.
I benefici delle attività extrascolastiche sono ampiamente testimoniati dai genitori di ragazzi che possono sperimentarli: i bambini e gli adolescenti socializzano e maturano senso di comunità (63%), spirito di gruppo (62%), sicurezza personale ed autostima (58%). Imparano a rispettare le regole (56%), acquisiscono interesse per le cose (51%) e responsabilità personale (50%). Ma sono ancora troppo pochi, in Italia, i minori che possono sperimentare i preziosi benefici di una comunità che educa, mentre la pandemia ha ulteriormente aggravato i fenomeni di povertà educativa minorile che nel nostro Paese, nella percezione di 3 intervistati su 4, è aumentata rispetto a 3 anni fa.