È stato presentato il rapporto nazionale sui minori e lo sport, realizzato dall’Osservatorio #conibambini promosso da Con i Bambini e Openpolis nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. In particolare, il report ha esplorato la pratica sportiva per bambini e ragazzi prima e dopo la pandemia, tra offerta di aree sportive all’aperto e presenza di palestre scolastiche. Il rapporto è stato illustrato in diretta streaming da Vincenzo Smaldore, direttore editoriale Openpolis e commentato da Tiziano Pesce, presidente nazionale UISP – Unione Italiana Sport Per tutti e da Marco Calogiuri, vice presidente nazionale CSI – Centro Sportivo Italiano (per rivedere l’evento clicca qui).
Lo sport ha un ruolo chiave nella crescita dei ragazzi. Rispetto ai disagi causati dalla pandemia sui giovani, si è discusso di quelli legati alla didattica a distanza e alle dotazioni tecnologiche, ma è stato molto meno approfondito l’impatto su bambini e ragazzi della chiusura di impianti sportivi, parchi e in generale dei luoghi dove fare sport.
I dati
Nel 2019, quindi già prima delle chiusure causate dal Covid-19, quasi un giovane su 5 era sedentario: oltre il 18%, tra i bambini di 6-10 anni e gli adolescenti di 15-17 anni, quasi il 16% nella fascia 11-14 anni e oltre il 40% tra i più piccoli (3-5 anni). Soprattutto in questa fascia d’età, nell’ultimo biennio rilevato si è registrata una contrazione. La pandemia è quindi intervenuta in un contesto dove la sedentarietà tra i minori si stava riducendo. Il 45,4% delle ragazze tra 6 e 24 anni fa sport in modo continuativo. Tra i maschi della stessa età la quota sale al 58,5%. La sedentarietà comporta rischi per la salute, specialmente laddove associata ad altri stili di vita poco sani, ad esempio per quanto riguarda l’alimentazione, con conseguente sovrappeso e obesità. Al contrario, fare movimento fin dall’infanzia e acquisire uno stile di vita attivo, è essenziale per una crescita sana.
Tra i più piccoli (3-10 anni) il nuoto è uno degli sport più praticati: il primo tra le bambine (48,7% di chi fa sport) e il secondo tra i bambini (39,4%), a poca distanza dal calcio (43,7%). Tra gli adolescenti maschi (11-19 anni) si conferma la prevalenza del calcio (58,4%), del nuoto (18,9%, in calo rispetto al 39,4% rilevato a 3-10 anni), seguiti da pallacanestro, ginnastica e arti marziali (tutti attorno al 10% circa). Tra le adolescenti i più citati sono danza (28%), ginnastica (25,1%), nuoto (al terzo posto con il 23,2% dei praticanti, in calo rispetto al 48,7% della fascia 3-10 anni) e atletica leggera, footing e jogging (10,7%). Gli sport praticati sono cambiati nel corso degli anni. Tra le bambine con meno di 10 anni è aumentata soprattutto la categoria residuale degli altri sport (comprendente quelli nautici, altri con la palla come rugby e pallamano, etc.). Rispetto al passato, i maschi con meno di 10 anni praticano di più soprattutto le arti marziali (+3,9 punti), gli altri sport (+2,6), l’atletica leggera (+1,7) e il calcio (+1,4).
Ma quali sono le motivazioni che portano bambini e ragazzi a non praticare alcuno sport? Tra i più piccoli, nella fascia 3-5 anni, il motivo indicato più spesso è l’età del bambino. Nelle altre classi di età, l’inattività viene ricondotta a una mancanza di tempo e interesse. Tali risposte crescono all’aumentare dell’età del bambino. Ma non sono infrequenti anche cause legate alla condizione economica del nucleo familiare. Queste riguardano il 20% dei ragazzi tra 11 e 17 anni e quasi il 30% dei bambini tra 6 e 10 anni. Altra causa non irrilevante è quella legata alla mancanza di impianti o la scomodità degli orari di apertura (circa un decimo delle risposte dai 6 anni in su). La disomogeneità dell’offerta sul territorio di servizi sportivi e impianti, ci conduce all’importanza di valutare soprattutto in chiave locale le differenze nell’accesso alla pratica sportiva.
Le sfide poste dal Covid: sport all’aperto e bambini
La pandemia ha inciso fortemente sulla possibilità di fare sport, per tutti. L’elevato rischio di contagio ha infatti imposto la necessità di intervenire, anche dal punto di vista normativo, per trovare un equilibrio tra le limitazioni agli spostamenti e lo svolgimento dell’attività fisica. Anche per questo, fin dai primi provvedimenti nel periodo pandemico, è stata introdotta la possibilità di svolgere esercizio fisico all’aperto in forma individuale, mantenendo le distanze di sicurezza. Prima della pandemia, i minori praticavano prevalentemente sport in spazi chiusi, è molto meno frequente la pratica sportiva “libera”: meno di 1 giovane su 4 fa sport in spazi all’aperto non attrezzati, contro il 41,9% dell’intera popolazione. E anche l’attività in spazi all’aperto attrezzati coinvolge solo il 14-18% dei minori, contro una media del 24,8%. È ancora presto per poter disporre di dati aggiornati sulla pratica sportiva dei più giovani, dopo il Covid. Un dato già acquisito però è che le aree dove fare sport all’aperto sono divenute essenziali in quest’emergenza, anche per la pericolosità di farlo in ambienti chiusi. Cioè proprio i luoghi che ragazze e ragazzi, prima della pandemia, frequentavano più spesso. Tali ragioni spingono ad interrogarsi sulla possibilità dei territori di rispondere a questa nuova esigenza.